Data: Agosto 2017
Commento:
QUELLO ERA ALLORA. QUESTO E' ADESSO*
Mai
avrei pensato di leggere un romanzo di Danielle Steele. Mai.
Questo libro mi è capitato sotto mano mentre ero a casa di una cognata. La trama, a dir la verità, mi è parsa interessante. Metti anche che per una sfida letteraria dovevo leggere un romanzo rosa e così ho pensato: leggiamo questo, magari mi faccio due risate. [Che io volessi farmi due risate anche alle spalle di mia cognata, non è affatto vero, ci tengo a precisarlo!]
Colpa mia, non ho mai associato i libri della Steele alla mia idea di letteratura. Non ho mai indagato sul genere, l'ho catalogata spazzatura e, via per la mia strada. Ma i pregiudizi sono sempre un errore. Sempre.
Questo libro è stato importante per due motivi. Innanzitutto mi ha ricordato il piacere per la lettura che può provare solo un lettore alle prime armi, quando il libro è scoperta, meraviglia, innamoramento al di là di qualsiasi trama e storia tratti. È la scoperta di poter essere felici da soli, dentro alla propria testa.
Con la sua semplicità, questo romanzo è riuscito a farmi ricordare quel piacere.
Il secondo motivo è ancora più importante. Perché è un libro che parla alle donne, quelle donne vittime di una storia che è tutto fuorché amore.
Hope è una donna realizzata, ha alle spalle un passato doloroso che ha saputo superare, grazie soprattutto alla sua interiorità e al suo mestiere, è una fotografa di successo. Le capita, un giorno, di dover fotografare Finn, uno scrittore affermato. Tra i due nasce una storia fatta di confessioni e di passioni in comune, di complicità, di desideri reciproci. Una storia quasi perfetta. Tranne per il fatto che Finn è un sociopatico ed è tutto tranne quello che ha raccontato a Hope.
Questo libro mi è capitato sotto mano mentre ero a casa di una cognata. La trama, a dir la verità, mi è parsa interessante. Metti anche che per una sfida letteraria dovevo leggere un romanzo rosa e così ho pensato: leggiamo questo, magari mi faccio due risate. [Che io volessi farmi due risate anche alle spalle di mia cognata, non è affatto vero, ci tengo a precisarlo!]
Colpa mia, non ho mai associato i libri della Steele alla mia idea di letteratura. Non ho mai indagato sul genere, l'ho catalogata spazzatura e, via per la mia strada. Ma i pregiudizi sono sempre un errore. Sempre.
Questo libro è stato importante per due motivi. Innanzitutto mi ha ricordato il piacere per la lettura che può provare solo un lettore alle prime armi, quando il libro è scoperta, meraviglia, innamoramento al di là di qualsiasi trama e storia tratti. È la scoperta di poter essere felici da soli, dentro alla propria testa.
Con la sua semplicità, questo romanzo è riuscito a farmi ricordare quel piacere.
Il secondo motivo è ancora più importante. Perché è un libro che parla alle donne, quelle donne vittime di una storia che è tutto fuorché amore.
Hope è una donna realizzata, ha alle spalle un passato doloroso che ha saputo superare, grazie soprattutto alla sua interiorità e al suo mestiere, è una fotografa di successo. Le capita, un giorno, di dover fotografare Finn, uno scrittore affermato. Tra i due nasce una storia fatta di confessioni e di passioni in comune, di complicità, di desideri reciproci. Una storia quasi perfetta. Tranne per il fatto che Finn è un sociopatico ed è tutto tranne quello che ha raccontato a Hope.
* una formula dei monaci
buddisti ripetuta nel romanzo da Hope.
Estratto:
*<<Qualunque sia la
verità, basta che tu me la dica. Devi dirmela. La verità non è mai
brutta come una bugia. Una sola bugia può rovinare una relazione. La
verità fa male soltanto per un minuto.>>
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